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Su Civargiu (Cagliari)

Preparare il pane era il lavoro più impegnativo(per la massaia) e richiedeva una serie di trattamenti prima che il grano potesse essere trasformato in prodotto finito. Prima veniva lavato in "sa banniera de ferru" (bacinella), poi fatto scolare in "su cadinu" (cesto fatto di canne), fatto asciugare al sole su teli di sacco e "prugau" (ripulito) dai corpi estranei quali orzo, avena, sassolini ecc. Seguiva la macinazione che veniva fatta prima con "sa mola" costituita da due pietre pesanti (generalmente di roccia vulcanica) circolari sovrapposte e fatta girare da un asino e in tempi più recenti con un mulino ad acqua che si trova nella zona vecchia del paese. Veniva quindi separata con "su sedassu" (il setaccio) la farina dalla crusca; quest'ultima veniva utilizzata come mangime per il maiale e le galline. A questo punto la donna poteva fare il pane. La notte precedente prendeva "su framentu" consistente in un pezzo di pasta conservato dalla panificazione precedente, che fungeva da lievito, mescolato con l'acqua alla farina. Il giorno dopo di buon'ora, scaldava l'acqua, alla quale aveva aggiunto del sale, "cummossada"(mischiava) l'impasto del giorno precedente e lo "suexiada" (lavorava) finché la pasta non diventava liscia e friabile. Quindi la divideva in parti, modellava queste con le mani per assumere una forma tondeggiante e poi le riponeva in "su canisteddu" (cesto) ricoperto da "sa tialla de su pani" (tovaglia) e le lasciava "axedai" (lievitare) per due o tre ore. Nel frattempo accendeva il forno e raggiunta la temperatura giusta lo ripuliva dalla cenere e dalla brace e infornava la pasta già lievitata.

 

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